martedì 3 agosto 2010

L'autostoppista

Relax.
Finalmente è finita la settimana lavorativa… già uscendo dall’ufficio mi sembra di essere in vacanza, anche se in realtà lunedì la mia scrivania mi aspetta di nuovo per un’altra settimana.
Questa settimana è stata breve: mi sono preso il venerdì di vacanza, per andare a raggiungere mia moglie e la mia bimba al mare, dove stanno soggiornando già da una settimana.
Purtroppo più di questo non posso fare: per grazia ricevuta mi hanno concesso il venerdì, in modo da poter correre da loro almeno per il week end.
Questa mattina sono uscito già con il borsone in macchina. Non ho bisogno della valigia per due giorni. Ho più bagaglio di cose che mi ha richiesto mia moglie che di effetti miei personali.
Non torno nemmeno a casa: non vale la pena farsi una doccia per poi farsi più di due ore in macchina. Recupero così mezz’ora abbondante, perché ho l’ingresso in autostrada vicino al lavoro. Appena arrivato in albergo farò la doccia.

Esco dall’edificio, e un cielo scuro e minaccioso mi accoglie. Sembra chiedermi se davvero sono convinto di andare al mare, ma il mare è l’ultimo mio pensiero. L’importante e rivedere le mie donne, che da lunedì sento solo per telefono, e vedere cosa ha imparato di nuovo la mia piccola principessina. Sta imparando a parlare, e ogni giorno riesce a farsi capire un po’ meglio.

Questa mattina non ho trovato parcheggio vicino; affretto il passo per arrivare all’auto prima dello scatenarsi del temporale, mentre il vento fa danzare agli alberi una danza indemoniata e solleva in mulinelli tutta la sporcizia della strada.
Appena entro in macchina tiro un sospiro di sollievo: sono riuscito a non bagnarmi.
Ma il cielo non sembra voglia mettere in pratica la sua minaccia: dopo un quarto d’ora che sto guidando ancora non è scesa una goccia d’acqua, mentre il vento continua, e gioca con la mia piccola utilitaria.

Ho quasi raggiunto l’ingresso dell’autostrada, il cielo è sempre più nero. All’improvviso una macchia di colore che risalta come un neon: un autostoppista con una giacca ARANCIONE è appoggiato al cartello che indica l’inizio dell’autostrada, proprio sotto il segnale che intima NO AUTOSTOP. Ma lui è qualche centimetro prima del cartello, quindi ancora in regola, no?
Da che ho la patente non ho mai raccattato un autostoppista. Gli ultimi che ricordo sono due alpini in divisa che aveva fatto salire mio padre in macchina quando ancora ero piccolo, quando ti potevi ancora fidare del prossimo.
Questo però è diverso: ha un’aria innocente (anche i serial killer ce l’hanno, mi dice la mia parte razionale) e sembra veramente bisognoso di aiuto. Il suo pollice alzato tradisce un certo imbarazzo, come se non avesse mai fatto una cosa simile e solo qualche emergenza lo costringesse a chiedere l’aiuto di qualcuno. A giudicare da come si stringe la giacca infreddolito sembra che sia già lì da un po’ di tempo.
Alla fine mi fermo, contrariamente a tutti i miei principi, davanti a questa giacca che fa a botte col cielo plumbeo alle sue spalle, e gli chiedo dove è diretto. Anche lui va verso la Liguria, a trovare la figlia che gli ha appena regalato il suo primo nipotino. La sua fedelissima auto però ha deciso di non partire proprio oggi, e lui non vede l’ora di ammirare l’erede, così ha deciso di provare l’autostop.

Fa in tempo a chiudere la portiera e cominciano a scendere le prime gocce, che velocemente aumentano di diametro e di intensità fino a diventare un muro d’acqua che limita notevolmente la visibilità. Prima di ripartire mi chiedo ancora una volta se ho fatto la mossa giusta. Osservo il mio passeggero di sottecchi. Dimostra una cinquantina di anni, capelli ancora castani, con poche spruzzate di grigio. Il viso ha una strana aria rassegnata, come se non si aspettasse più nulla dalla vita. Fortunatamente si è tolto la giacca e l’ha buttata sul sedile posteriore, altrimenti il suo riflesso sul parabrezza non mi avrebbe certamente agevolato con questo tempo.
Nonostante siano solo le 18,30 sembra già notte, e la settimana lavorativa tutt’altro che tranquilla comincia a farsi sentire. Sento le palpebre pesanti, e sono felice di avere un compagno di viaggio con cui scambiare quattro chiacchiere.
Mi racconta di sua figlia, trasferitasi a Genova per lavoro e poi stabilitasi lì definitivamente dopo aver trovato l’amore. Poco dopo pranzo la telefonata: “Auguri! Sei diventato nonno di Aurora!”. Mi confessa di aver versato una lacrimuccia. Poi di corsa al garage, dove la sua Volkswagen ha deciso di mettersi a scioperare proprio oggi, dopo anni di servizio senza mai un problema. L’auto non dava segni di vita, probabilmente la batteria, ma a luglio trovare un elettrauto può cominciare a diventare un problema. L’unico che è riuscito a contattare telefonicamente si è presentato da lui dopo un paio d’ore, con la sua sala operatoria portatile per fare il check completo dell’impianto elettrico. Non era la batteria, ma una scheda, che naturalmente l’elettrauto non aveva in casa.
“Riesco a procurarla per lunedì”, ha sentenziato, con l’aria di chi ti sta facendo un favore.
A questo punto il mio passeggero ha preso una decisione stoica: memore delle avventure di gioventù ha deciso di provare a viaggiare “col dito”, sperando di trovare qualche anima pia.
Una l’ha trovata, e l’ha portato fino all’inizio dell’autostrada; la seconda sono io.
A mia volta gli racconto della mia bimba di due anni, dei progressi continui nel parlare. Lasciamo perdere il camminare: ormai si sente talmente sicura di se che si fa male più di prima!
Terminati i rispettivi racconti cala il silenzio, lui si accomoda sul sedile rilassandosi, e io mi dedico interamente alla guida.
L’auto corre, non come vorrei, ma con questa visibilità scarsa è meglio non esagerare. L’acqua rende indistinte le strisce che mi vengono incontro veloci per poi scomparire alle mie spalle, con un ritmo continuo quasi ipnotico.
Accendo la radio, per coprire il monotono rumore del tergicristallo, ma la mia mente continua a seguire il suo moto perpetuo.
Spazzola… striscia… striscia… spazzola… striscia… striscia… spazzola… il tutto visto attraverso una cascata d’acqua sul vetro.
Il mio compagno mi richiama alla realtà chiamandomi per nome (ma quando glie l’ho detto? Non mi pare di essermi presentato… proprio non mi era passato per la testa), e d’un tratto mi accorgo di aver inconsciamente aumentato la velocità: la lancetta segna 150. Tra gli spruzzi d’acqua si vedono riflessi di luci blu e arancioni; il piede scatta fulmineo sul pedale del freno, e l’ABS fa il suo dovere a puntino, arrestando la macchina a pochi metri dalle quattro frecce lampeggianti di un furgone.
Attivo immediatamente anche i miei lampeggianti, buttando un occhio allo specchietto retrovisore per assicurarmi di aver evitato il danno. Anche l’automobilista dietro di me si ferma, con un margine maggiore rispetto al mio. Probabilmente era più sveglio di me.
Fortunatamente il mio passeggero, nonostante all’apparenza si stesse addormentando, era ben più vigile di me ed è riuscito ad evitare il peggio.
Cosa sarà successo? mi chiedo mentre la pioggia martella i tetti di un mare di auto e furgoni, tutti fermi senza sapere il motivo dell’arresto.
“Un incidente, e brutto, a giudicare da quanti lampeggianti si vedono laggiù”, mi informa il mio passeggero.
Dopo circa venti minuti la pioggia scema di colpo, come era iniziata, e molti automobilisti escono dalle loro tane come tanti animaletti del bosco. Tra le pozzanghere tutti allungano il collo per cercare di capire cosa sia successo, ma a questa distanza si vedono solamente i lampeggianti. Alcuni blu sono piuttosto alti, probabilmente ambulanza e vigili del fuoco.
Il mio compagno ha l’aria più rassegnata di prima, e tento di riprendere un po’ di conversazione ringraziandolo per avermi scosso dal mio torpore.
“Se fossi stato da solo non avrei sicuramente notato le auto ferme… a quella velocità avrei rischiato grosso!”
“Almeno lei potrà rivedere la sua bambina!”, risponde lui.
“Beh, ora non disperiamo… prima o poi riusciremo a ripartire!”
“Sono felice di esserle stato di aiuto, ma mi spiace non poter vedere il mio nipotino…”
Detto questo si riappoggia al sedile, contro il vetro, lasciando cadere nuovamente la conversazione.
Certo che è un tipo strano… tutta questa tragedia per un ritardo. Anche io sono impaziente di rivedere mia moglie e mia figlia, ma non la faccio così tragica!
Visto che la conversazione langue scendo dall’auto, e mi unisco al gregge di automobilisti che passeggia sulla strada. L’aria è rinfrescata parecchio. L’asfalto bagnato riflette i pochi fari ancora accesi… qualcuno li ha dimenticati, qualcun altro li ha lasciati accesi insieme al motore, per poter godere dell’aria condizionata.
Mi allontano dall’auto con l’illusione di poter capire cosa sia successo, ma i lampeggianti sono lontani, si vedono solo perché ormai è buio, e il mare di auto copre la visuale.
Ad un tratto il miracolo: in lontananza vedo le auto riprendere vita, i fari si riaccendono e piano piano cominciano a spostarsi, in una lenta transumanza.
Corro verso la mia auto, come se dovessi partire all’istante, anche se ci vorrà ancora qualche minuto prima che il movimento arrivi fino a me.
Al mio rientro in auto la sorpresa: il sedile del passeggero è vuoto, e la giacca arancione è scomparsa. Ad essere sincero noto prima l’assenza della giacca, con quel colore assurdo.
Mi chiedo se sia andato a fare due passi anche lui per sgranchirsi le gambe, scendo nuovamente e mi guardo intorno, ma del mio compagno di viaggio non c’è traccia. Possibile che abbia chiesto il passaggio a qualcun altro?
Ora le auto davanti a me stanno cominciando a muoversi, e non posso più aspettare, pena numerosi colpi di clacson e maledizioni varie dagli altri automobilisti.
Ingrano la prima e parto, sperando che lui abbia trovato qualcuno, magari un conoscente, e abbia cambiato mezzo di trasporto.
Lentamente, a passo d’uomo, mi avvicino al luogo dell’incidente. Le auto vengono incanalate nella corsia opposta, perché la nostra è ancora ingombra di rottami. Un camion è ribaltato su un fianco, bloccando interamente la corsia. Il carico disseminato ovunque. Dietro il pesante autoarticolato alcune macchine completamente distrutte. A terra un’unica vittima… la sua giacca arancione spicca nel buio come un faro…

lunedì 8 giugno 2009

Piccola Grande Nadia

Quello che segue è il racconto della rocambolesca nascita di Nadia. Ho dovuto riaddattarlo un po' dalla versione stampata per problemi di impaginazione, ma a parte un paio di foto (non di Nadia) e una breve ricerca sul suo segno zodiacale c'è tutto. Al racconto è abbinato il video che si trova all'indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=D7XIZ2AYSaE









Questi sono i miei genitori, in una vacanza a Cuba fatta a marzo prima del mio concepimento.Mamma si chiama Monica e lavora in banca, papà si chiama Roberto ed è impiegato in una ditta di componenti per auto.Si sono sposati il 6 settembre del 2003 ed ora, dopo quasi 4 anni, hanno scoperto che presto arriverò anch’io.Mamma si sentiva un po’ strana, così il 18 agosto ha provato a fare un test di gravidanza, e immediatamente si sono colorate entrambe le finestrelle! Che emozione! Peccato solo che il medico era in vacanza! Mamma e papà hanno dovuto aspettare fino a fine mese per fare la visita di controllo!




Eccomi qui, nella mia prima “foto”, scattata il 30 agosto del 2007, quando io ho circa 6/7 settimane di vita. Io sono quel cosino piccolo piccolo che si vede sulla sinistra… no, non la macchia scura: quella è la sacca che mi contiene! Io sono quella macchiolina più chiara all’interno, e misuro la bellezza di 3,3 millimetri! Per la prima volta mamma e papà vedono il mio minuscolo cuoricino battere veloce, e anche il loro accelera i battiti, mentre si inumidiscono loro gli occhi.Il dottore dice che è tutto a posto e che io sono esattamente nel punto dove dovrei essere. Qualche esame del sangue e poi mamma starà a casa a riposarsi nell’attesa della mia nascita.




Ora che sono sicuri mamma e papà organizzano una cena al Vecchio Melo, il ristorante dove hanno fatto il pranzo di nozze, e invitano nonna Rosaria, nonna Domenica, nonno Filippo, nonno Giuseppe, Zia Lisa, Zio Mauro, Zia Lina e il mio cuginetto di 4 anni Davide. Per fare la sorpresa però tengono ancora tutto nascosto, e fanno credere loro che la cena sia per festeggiare i 4 anni di matrimonio.Quello sopra è infatti il mazzo di fiori di nonna Domenica e nonno Giuseppe con gli auguri per l’anniversario.




Il primo settembre siamo quindi tutti a cena e papà chiede al titolare del ristorante se può portare la torta a tavola prima dell’inizio del pasto, anche perché i miei genitori non ce la fanno più a tenersi dentro la notizia.Il problema è che, visto che anche zia Lisa sta aspettando un bebè, si crea un po’ di confusione, e non subito i nonni e gli zii capiscono il messaggio.A forza di aiuti finalmente ci arrivano, e zia Lisa per prima, con gli occhi lucidi, parte in un applauso.Dopo è tutto uno scambiarsi di baci e di congratulazioni, dopo di che si comincia la cena. Meno male! Cominciavo ad avere fame!



Ed ecco qua gli invitati:questi sono nonna Rosaria e nonno Filippo, i genitori di mamma.Nonno è già disperato: dice che già adesso ha il suo bel daffare a stare dietro a mio cuginetto Davide, figuriamoci quando ci saremo anche io e il futuro cuginetto! Pare che abbia intenzione di cambiare residenza!Nonna invece è la più apprensiva: si sta già preoccupando per il giorno del parto!




Nonna Domenica e nonno Giuseppe sono invece i genitori di papà.Per loro diventare nonni è una cosa completamente nuova, perché papà non ha fratelli.Quando hanno saputo la notizia nonno è diventato tutto rosso!Nonna è tanto affettuosa, e ho l’impressione che ammattirà (nel senso buono) quando mi vedrà per la prima volta.Per ora hanno visto solo la fotografia del mio cuoricino.



Zia Lisa e zio Mauro con mio cugino Davide.Zia Lisa è sorella di mamma, e si commuove per poco, figuriamoci quando ha saputo che la sua sorellina era incinta!Zio Mauro è di poche parole, però è stato uno dei primi a capire i suggerimenti che mamma e papà davano per interpretare il messaggio sulla torta.Davide diventerà presto “il più grande”, con altri due bebè appena venuti al mondo, però è in gamba: sta già imparando ad andare in bicicletta senza le rotelle.FORZA DAVIDE, che poi insegni anche a me!




Questa è zia Lina, con Davide che voleva farsi fotografare un’altra volta. Zio Gianni è fuori casa per lavoro.Anche loro sono nonni da poco: il loro figlio Andrea si è sposato con Maria Angela e hanno dato alla luce una bella bambina di nome Ginevra.


E rieccomi qui, in un’altra bella foto scattata il 14 settembre 2007.So che non è proprio così lampante, ma io sono quel cosino evidenziato dalla riga, e misuro ben 1,74 cm.!Sto crescendo proprio bene, considerando che solo due settimane fa ero un piccolo puntolino di poco più di 3 mm.!Ora occupo decisamente più spazio,e il dottore che ha visitato la mamma dice che si vede già un abbozzo di quelle che saranno le mie braccia e le mie gambe.Intanto, qualche volta sento Davide che viene a darmi i bacini attraverso la pancia di mamma… non vedo l’ora di nascere per conoscerlo! Dev’essere proprio simpatico!


E sono sempre io: il 24 settembre mamma doveva fare una visita al Mauriziano per l’undicesima settimana, ma da questa foto hanno finalmente capito che sono alla nona settimana più 6 giorni, e quindi hanno detto a mamma di tornare il 3 ottobre. Intanto io continuo a crescere: oggi misuro ben 3 centimetri! Mamma e papà oggi hanno fatto un po’ di confusione con i conti: dovevano prenotare per un controllo alla ventunesima settimana e avevano calcolato che sarebbe caduta il 23 dicembre, l’operatore allora ha fatto la prenotazione per il 20, ma per errore ha digitato il 13, così papà ha dovuto ritornare indietro per farla correggere, poi rifacendo i conti mamma e papà si sono accorti che in realtà la ventunesima settimana sarebbe stata l’11 dicembre, così papà è tornato a cambiare di nuovo la prenotazione. Che figura! Io facevo finta di non conoscerli! Siamo finalmente al 3 ottobre: di oggi non metto nessuna foto perché quella del Mauriziano non era una gran fotografa, e in nessuna di quelle che ha scattato mi si vede bene. Comunque mamma e papà mi hanno visto sullo schermo, riuscendo a vedere la testolina e il corpicino, con il cuore che continua a battere veloce per la fatica di crescere così in fretta. Oggi misuro ben 4,3 cm.! Peccato solo che la visita fosse così presto: anche se in realtà l’appuntamento era per le 10, mamma e papà sono andati con un’ora di anticipo, perché dopo dovevano accompagnare nonna Rosaria e nonno Filippo a Savona, per partire in crociera (regalo per l’anniversario di matrimonio). Comunque alle 9 ci hanno fatti passare subito, ma siccome io dormivo ancora la dottoressa ha fatto tossire mamma e ha agitato la sua pancia fino a che non mi ha svegliato! UFFA! Ma non devo mica ancora andare a scuola! Appena tornati a casa abbiamo caricato le valigie e abbiamo accompagnato i nonni al porto… Ciao nonni! Buon viaggio e divertitevi!!!


L’11 ottobre siamo di nuovo dal dottor Perrini, il medico di mamma, ma questa volta non stampa nessuna foto. In compenso però sul monitor mamma e papà hanno potuto vedermi mentre muovevo la manina per fare ciao ciao e salutare il mondo fuori che mi guardava in TV! Il dottore ha provato anche a far sentire il battito del mio cuoricino, ma è riuscito a captarlo solo lui che ha l’orecchio allenato, mentre mamma e papà credono di aver sentito qualcosa ma non ne sono tanto sicuri. Dice comunque il dottore che alla prossima visita si dovrebbe riuscire a sentire il cuore e forse anche a scoprire se sono un maschietto o una femminuccia. Intanto abbiamo avuto una bella notizia: è probabile che quando verrò al mondo avrò un “cugino gemello”: anche Massimo (il cugino di papà) e sua moglie Amanda aspettano un pargolo, quasi sicuramente una femminuccia, e dovrebbe nascere più o meno insieme a me. Inoltre non ci dimentichiamo di Davide e del suo fratellino che nascerà a gennaio! Che bello! Avrò tanti compagni di giochi!



Mamma mia quante visite e quanti controlli! Mamma sta facendo continuamente esami del sangue! Papà invece se li scampa tutti perché è donatore di sangue. Per uno dei vari esami, mamma aveva telefonato all’ospedale San Luigi di Orbassano per prenotare,e le hanno risposto di presentarsi quando voleva, facendo una leggera colazione, così il 30 ottobre, approfittando dello sciopero di categoria, papà accompagna mamma all’ospedale. Appena arriviamo con la sedia a rotelle ci fanno passare avanti, ma quando papà si presenta allo sportello con l’impegnativa del medico gli rispondono che per quell’esame bisognava prenotare! Gli addetti sono però molto comprensivi, e fanno il possibile per far passare lo stesso la mamma. Siamo già pronti col braccio da bucare, quando l’infermiera spiega a mamma come funziona l’esame: un primo prelievo a stomaco vuoto, l’assunzione di una bevanda dolcissima e un altro prelievo dopo circa un’ora. Peccato che a mamma per telefono avevano detto di fare una leggera colazione! Due fette biscottate bastano per invalidare l’esame, così ci tocca andarcene e prenotare per il 6 novembre. Sfruttiamo la giornata per andare a curiosare in un grosso centro di Fai da te e giardinaggio che ha anche tante cose per Natale. Naturalmente da qui dentro io non posso vedere, ma sento i commenti di mamma e papà. Dev’essere una cosa stupenda!



Eccoci al 6 novembre. Papà oggi è al lavoro, così mamma si fa accompagnare da nonna Rosaria. Per la serie “com’è piccolo il mondo” la sua compagna di prelievo è la moglie di un suo ex compagno di scuola. Intanto abbiamo avuto anche un’altra notizia: pare che Massimo e Amanda non avranno una femminuccia ma un maschietto… avevano visto male!



Questo che si vede dall’alto è il mio capoccione, nel controllo fatto insieme all’amniocentesi il 14 novembre. Che paura! Dopo le solite fotografie ho visto questo enorme ago che entrava attraverso la pancia di mamma e non sapevo che intenzioni aveva! Per fortuna si è accontentato di raccogliere un po’ di liquido nel quale sto galleggiando e si è ritirato. Più che ritirarsi, veramente l’ha cacciato via l’utero di mamma, che si è contratto, così anziché avere i risultati dell’esame domani mamma e papà dovranno aspettare fino al 10 dicembre. Oggi abbiamo dovuto farci accompagnare all’ospedale per l’esame perché mamma deve stare a completo riposo dopo il prelievo, e papà non può guidare perché lunedì ha fatto l’operazione per vedere meglio, e oggi è praticamente cieco come una talpa! Se andrà tutto bene quando lo vedrò per la prima volta sarà senza occhiali.


La gravidanza di mamma non procede proprio tranquilla: il 23 novembre, ho sentito che piangeva! Nella notte è mancata nonna Domenica; se n’è accorto il nonno solo la mattina. Sento piangere spesso mamma e papà, che cercano di consolarsi l’un l’altra. Nonna è già venuta a trovarmi, ora può fare tutto quello che vuole, e mi ha detto che adesso riuscirà meglio a vegliare su di me e sui miei genitori, e che non ci lascerà mai. Si è raccomandata con me perché io, con la mia nascita, li aiuti a ricordarla senza più provare dolore. Tranquilla nonnina, farò del mio meglio. Intanto lei ha fatto in modo che il giorno del funerale e del ritiro delle ceneri fossero due splendide giornate, per far capire a mamma e papà che ora lei è serena. Forza mammina e papino, appena vengo al mondo ci penserò io a distrarvi! (Detta così sembra una minaccia!)



Oggi, 10 dicembre, ho di nuovo sentito piangere mamma e papà! Ma cosa sta succedendo intorno a me? Poi ho capito che questa volta piangevano di gioia: papà, dopo quaranta minuti di tentativi trovando il numero occupato, è finalmente riuscito a sentire l’ospedale per sapere l’esito dell’amniocentesi, la visita che mamma aveva fatto quasi un mese fa. Certo l’attesa è stata lunga: un mese senza sapere se il risultato è buono o catastrofico sembra non passare più, comunque, col viva voce e il cuore che batteva a mille hanno ascoltato insieme la risposta: sono sana e sono una femminuccia! Alla notizia mamma e papà si sono abbracciati e sono scoppiati in lacrime! E che diamine! Io lo sapevo già da un bel po’, bastava chiedermelo! Sempre col viva voce hanno chiamato nonna Rosaria e nonno Filippo, nonno Giuseppe e zia Lisa per dar loro la notizia, e tutti erano felici e contenti, poi si sono attaccati ai cellulari e hanno mandato il messaggio a tutti i parenti e gli amici. Per tutto il giorno sono arrivati messaggi di auguri e congratulazioni. Ecco qui di seguito i messaggi ricevuti:

Auguri. Buona giornata da Gazmend

Siamo felicissimi per voi. Bacioni e buona giornata da Paolo e Livia


Grazie, vi avrei chiamato stasera. Baci a tutti e 3, sono davvero contenta… ciao a presto. Katia


Ehi! Ma grande! Ti volevo mandare un sms domani! Son troppo contento! Un abbraccio da zio e Omar

Non dirlo a nessuno! Ho affettato la cipolla! Un abbraccio a tutti e tre da Lucio

Sono contenta. Buon lavoro per la scelta del nome. Un bacione a voi da Marisa


Congratulazioni! Speriamo però che assomigli alla mamma! Un saluto a tutti da Andrea


Congratulazioni! Non resta che scegliere il nome. Elisa


Visto? Noi lo sapevamo! Tanti tanti auguri! Un bacio e un abbraccio forte da Valeria e Stefano

Bene, allora adesso vi tocca lavorare per decidere il nome di questa signorina. Finalmente Fabiola avrà una cuginetta con cui giocare! Un bacio da noi 3. Morena

Siamo felicissimi! Un augurio e un abbraccio a tutti e… 3 da Max

Tanti auguri dal tuo cuginetto per la vostra piccola. Un bacio da Matteo




COME MI SENTO IMPORTANTE!

Nonostante qualcuno chiedesse il nome, mamma e papà vogliono che sia io la prima a sentirlo, e non lo diranno a nessuno fino alla mia nascita.




L’11 dicembre è la volta dell’ecografia morfologica. Troviamo lo stesso medico che aveva fatto l’amniocentesi, e anche lui ci rassicura sul mio stato di salute, anche se si lamenta un po’ perché dice che le immagini non sono molto nitide a causa della pancetta di mamma. Noi la prendiamo a ridere. Anche zia Lisa ha già fatto qualche visita con questo dottore, ma lei lo odia dal profondo, e non lo sopporta.




Mamma si preoccupa un po’ perché non mi sente muovere, così per rassicurarla la sera del 14 dicembre le tiro un calcio! No, niente di doloroso, non lo faccio mica con cattiveria! Giusto un piccolo colpetto per dire “ehi, qui dentro ci sono anch’io!”
Papà ha provato a mettere la mano sulla pancia della mamma ma, come si dice, Paganini non ripete. Non posso mica mettermi a giocare al tamburo con la pancia della povera mamma! Abbi pazienza papino, mi farò sentire anche da te!



Sono giunta al mio primo Capodanno! Certo, io sono sempre qui dentro, ma da quello che sentivo deve essere una cosa divertente! Mamma e papà sono andati a casa di Lucia, dove hanno mangiato cotechino e lenticchie (portano soldi!) e un sacco di altre cose che sicuramente mi vieteranno quando sarò nata. Dopo hanno organizzato il karaoke, e li ho sentiti cantare tutti quanti insieme. Ho riconosciuto le voci di Lucia, Mauro (non zio) Marina, Donatella, Augusto, Silvia, zia Lisa, zio Mauro, il grande Davide e naturalmente mamma e papà. Qualcuno se la cavava meglio e qualcuno peggio, ma l’importante è che ci si sia divertiti. Non vedo l’ora di farlo anch’io l’anno prossimo!



Il 16 gennaio faccio la mia prima giornata di shopping! Mamma e papà mi hanno portata alle Gru, da Prenatal, per acquistare una tuta imbottita per il fratellino di Davide, che dovrebbe nascere a giorni, e già che c’erano hanno fatto un po’ di acquisti anche per me. Avevano scaricato da internet l’elenco di tutto quello che serve per i primi giorni in ospedale e si sono sbizzarriti a scegliere tutine, pigiamini, body, calzini, tutto in formato mignon apposta per me. Mignon solo nel formato, perché alla fine della fiera il tutto è costato più di 300 euro! In queste foto si vedono alcuni modelli tra i più carini… siccome io non posso ancora sfilare indossandoli li ha mostrati mamma. Vero che sono un amore?



Eccoci al 21 gennaio. Il fratellino di Davide ancora non è nato, ma la scadenza è il 24, e ormai non dovremmo più aspettare molto per conoscerlo e sapere il suo nome. Anche zia Lisa e zio Mauro, come mamma e papà, non vogliono dire il nome fino al momento della nascita!
Intanto, per farlo contento, alle 23,45 mi accorgo che papà ha una mano appoggiata sulla pancia di mamma, e faccio sentire un calcetto anche a lui! E’ la prima volta che mi sente muovere, ed è contentissimo!



Che pace, che tranquillità qui dentro! Siamo al primo di febbraio e sono comoda come un pascià. Ma… che succede? Chi ha tolto il tappo? Qui il livello sta cominciando a scendere! Ehi, aspettate, stavo facendo il bagnetto! Verso mezzanotte mamma si accorge di avere una grossa perdita, e papà la porta di corsa al pronto soccorso del Mauriziano. Diagnosi: si sono rotte le acque, e mamma sta cominciando ad avere le contrazioni. Subito mamma viene ricoverata, e dal mattino di sabato cominciano a farle una flebo per controllare le contrazioni e tenermi il più possibile dentro, in modo da poter fare delle punture che servono a far sviluppare più in fretta i miei piccoli polmoni. La flebo sembra fare effetto, anche se la mamma continua a patire il dolore ad ogni contrazione.
In ogni caso il sabato lo passiamo così: continuamente sotto controllo con la macchina che fa il tracciato, che serve per controllare il battito del mio cuoricino e le contrazioni di mamma.
Certo che qui lo spazio si è ridotto notevolmente: ora che non c’è più il liquido amniotico si sta veramente allo stretto!


Domenica 3 febbraio il medico sta valutando se tentare di tenere duro ancora altre 24 ore, ma dagli esami del sangue notano che mamma ha un’infezione, che potrebbe trasmettersi a me.
Un ultimo prelievo per controllare i globuli bianchi di mamma e, visto che il risultato non migliora, il medico decide di operare subito. In quattro e quattr’otto chiamano a casa 2 ostetriche, 2 pediatre e 3 assistenti e portano me e la mamma in sala operatoria, con papà che aspetta fuori senza sapere bene cosa succede.
Papà continua a veder entrare gente in sala operatoria, e si preoccupa sempre più.
Poi, finalmente, alle 13,24 mi fanno nascere, e dopo avermi sistemato in una piccola incubatrice mi portano in reparto. Papà mi vede per la prima volta, e gli vengono le lacrime agli occhi. Sono piccina piccina, 920 grammi per 37 cm. di lunghezza, ma nonostante l’infermiera mi stia aiutando a respirare con l’apposito palloncino, papà vede che mi muovo e vede il mio primo sbadiglio nel mondo esterno.
Dopo mi portano nel nido, e papà deve di nuovo aspettare, da un lato di avere mie notizie, e dall’altro di veder ritornare su anche la mamma, anche se comunque le infermiere lo hanno già tranquillizzato che sta bene anche lei. Mamma mia che avventura! Quando la mamma torna in reparto papà sta con lei e la coccola per farle sentire un po’ meno il male del taglio cesareo, e intanto aspettano che la pediatra vada a dar loro mie notizie. Nonostante l’attesa sembri eterna, la dottoressa arriva abbastanza presto, e spiega al papà (mamma è ancora un po’ addormentata) che sono tanto piccola, ma per il momento dimostro di reagire bene. Per il momento sono intubata, per spingere l’aria nei miei polmoni non ancora abituati a respirare, ed ho una canula nell’ombelico che serve a nutrirmi. Lasciano entrare papà un attimino a guardarmi prima di mettermi nell’incubatrice vera e propria, così può fare anche una breve ripresa con la videocamera per farmi vedere alla mamma. Le sorprese non finiscono: appena papà esce dal nido incontra zia Lisa e zio Mauro… indovinate un po’? Anche zia ha rotto le acque, anche se lei in ritardo di qualche giorno (è nel suo DNA). Verso sera poi papà torna di nuovo a trovarmi, e mi vede decisamente più attiva, vede il mio petto gonfiarsi col respiro, le mie manine e le gambine che si muovono incessantemente. E’ buffo papà vestito così: per entrare nella stanza dove sono io deve mettere il camice e i sacchetti sovrascarpe… peccato che lui abbia un piede enorme, più grande di me, e le sovrascarpe non gli entravano, così la dottoressa gli ha fatto infilare ai piedi due cuffie per la testa! Comunque mi guarda per un po’, poi mi saluta e manda un pensierino a nonna Domenica, che mi stia vicina e mi protegga. Intanto zia Lisa continua a stringere i denti per le contrazioni, preparandosi all’arrivo del nuovo cuginetto, che teoricamente avrebbe dovuto nascere prima di me.

Ed eccolo, lunedì mattina arriva anche Marco, 3,345 Kg., un colosso in confronto a me! Mamma ha la notizia in diretta perché, essendosi liberato un letto nella sua camera ieri sera, ha chiesto se potevano spostare zia Lisa con lei, e il personale del reparto le ha accontentate. Ma le gentilezze del personale non finiscono qui: visto che mamma ha un handicap alle gambe e non riesce a camminare senza l’aiuto di tutori, che ovviamente ora non riesce a indossare, vanno a “rubare” in un altro reparto un “sollevamalati”, una specie di gru con una fascia per sollevare la mamma dal letto e metterla sulla sedia a rotelle, così la portano a trovarmi. Lei fa subito la faccia tosta e chiede se mi può toccare, così le fanno lavare le mani e le aprono uno degli oblò dell’incubatrice. Che cosa strana sentire il tocco di qualcuno dopo tutto quel tempo passato a galleggiare! Mamma avvicina un dito e, nonostante sia più grosso di tutta la mia manina cerco di stringerlo: “ciao mammina, che bello averti vicina!” Nel pomeriggio anche per papà aprono lo sportellino, così può infilare una delle sue manone e mi accarezza sulla gamba. Sono contenta, e per farglielo capire comincio a sgambettare e a stiracchiarmi. Le dottoresse, pur senza sbilanciarsi troppo, sono comunque contente di me, e dicono che sono una bimba vivace. Sarà perché ogni tanto giocando stacco qualcuno dei sensori di controllo attaccati sul mio petto? In fin dei conti qui mi annoio: è così divertente staccare un sensore e vederle correre da me appena sentono l’allarme dei macchinari che controllano tutte le mie funzioni vitali! La sera papà passa di nuovo a farmi visita, e gli scappa da ridere vedendomi con il parasole sugli occhi. Dice che sembro una bagnante che prende il sole alle Hawaii! Ma io sono piccolina! Troppa luce mi da ancora fastidio, e le infermiere mi hanno coperto così gli occhietti.


Martedì 5 mamma e papà, sempre con l’aiuto delle gentilissime infermiere che aiutano mamma a passare dal letto alla sedia a rotelle, vengono entrambi a trovarmi, e questa volta non sono più intubata. I miei polmoni funzionano anche da soli, e mi basta solo più un po’ di aiuto con una piccola mascherina per l’ossigeno… piccola per voi grandi! In confronto a me è enorme, e per non farmela pesare tutta sul nasino e farmi poi assomigliare a Mike Tyson hanno attaccato il tubo su di un cappellino che mi hanno messo in testa. La sera la camera di mamma e zia è piena di gente: ormai la stanza è tutta per loro perché le altre due mamme sono andate a casa. Arriva continuamente gente, quasi tutti con due mazzi di fiori, uno azzurro e uno rosa, per zia e per mamma. Ne abbiamo ricevuti tantissimi! Alle 19,30 i parenti possono vedere i neonati attraverso un vetro (non li lasciano in mezzo a quella bolgia di persone, li fanno uscire solo dopo che tutti sono andati via), ma riescono a vedere solo Marco, perché io sono delicatina e sono in un’altra stanza più tranquilla. Per ora devono accontentarsi di vedere una mia foto che papà ha ricavato da quei pochi secondi di ripresa che mi aveva fatto domenica.



Ciao zia, ciao Marco! Mercoledì zio Mauro viene a prenderli per riportarli a casa, e mamma rimane da sola nell’enorme stanza. Per lo meno nessuno si lamenterà se di sera verranno troppi parenti a trovarla!

In mattinata mamma viene a trovarmi ben due volte, e la pediatra continua ad essere soddisfatta di me. Presto cominceranno a tirare il latte a mamma per prepararmi la pappa… ho già l’acquolina in bocca! Parlano anche di farmi uscire per qualche minuto e posarmi in braccio alla mia mamma… sì, sì, non vedo l’ora! Io sono pronta, dove devo firmare? Ah, già, dimenticavo che ancora non so scrivere… Oggi papà non è venuto, è tornato al lavoro per risparmiare più giorni di ferie per dopo, visto che tanto qui ci sono così tante persone simpatiche che si occupano di me e della mamma. Verrà a trovarmi questa sera, prima dell’orario di visita per le mamme.


Il giovedì passa tranquillo. Finalmente oggi mi hanno anche tolto le canule dal naso! Era ora! Non le sopportavo più. Veramente, l’idea dei medici era di farmi stare un po’ senza e poi rimetterle, per abituarmi piano piano a respirare da sola, ma dopo essere stata senza non ne ho più voluto saperne di lasciarmi rimettere le canule ed ho piantato un diavolo a quattro! I miei polmoni sono ok, e ce la faccio benissimo da sola. Sono indipendente io!



Si vedono gli occhietti aperti? Venerdì 8 per la prima volta papà mi vede con tutti e due gli occhi aperti e lo guardo per un po’. Certo non vedo ancora bene, ma distinguo l’ombra di un omone grande grande che mi parla e mi racconta tante cose. Mentre mamma mi prepara un po’ di pappa col tiralatte papà mi dice di tutte le persone che mi mandano i baci. Un po’ di pazienza… presto li prenderò di persona!



Che sonno! Beh, ho anche faticato tanto! Oggi, sabato 9 febbraio, ho fatto la mia prima cacchina! E’ vero che hanno dovuto stimolarmi un pochino, ma i medici dicono che è normale per una della mia età. Oggi mamma deve andare a casa, ma prima passa a salutarmi con papà e promettono che verranno tutti i giorni a trovarmi. Mentre mamma mi prepara la cena col tiralatte papà mi coccola un po’, poi diciamo insieme le preghierine, come lui faceva da piccolo con nonna Domenica. Un’ultimo pensierino proprio alla nonna, che rimanga a vegliare su di me, e poi mamma e papà, con qualche lacrimuccia, mi devono salutare. State tranquilli, qui mi vogliono tutti bene, anche se certamente non come voi due! Ci vediamo domani!


Domenica, come promesso, mamma e papà vengono a trovarmi, e Angela, un’infermiera particolarmente gentile (lo sono tutti qui dentro, ma lei un po’ di più) spiega loro come tenere le mani nell’incubatrice per farmi meglio sentire il loro calore. Naturalmente me ne accorgo, e comincio a fare un po’ di smorfiette per farlo capire loro. Con una smorfia particolare li sento ridere, e papà mi spiega che quello che ho appena fatto è un sorriso, e che devo ricordarmi i muscoli che ho usato per farlo in modo da poterlo ripetere spesso.




Rullo di tamburi, prego, perché nella pesata di lunedì 18 febbraio ho raggiunto il mio primo chilo!
Mamma e papà mi fanno tantissimi complimenti e sono felicissimi di me. Vengono a trovarmi tutti i giorni, mi portano i saluti di tutti i parenti e mi raccontano un sacco di cose, comprese le favole, per come se le ricordano. Papà ha comunque promesso che comprerà un libro di favole da leggermi per farmi passare il tempo.
Mi hanno anche raccontato che questa mattina sono arrivati i mobili per la mia cameretta, e da come me l’hanno descritta pare che sia proprio bella!
Mentre sono con me mi spiegano anche il motivo per cui sono nata: siccome loro si amano tanto tanto, c’era talmente tanto amore che serviva una terza persona con cui dividerlo, e così sono arrivata io! Eccomi, sono pronta a riceverne e a darne tantissimo!



Brrr, che freddo! Chi ha lasciato la porta aperta? Ehi, ma manca un’intera parete dell’incubatrice! Due mani mi stanno prendendo, eppure non mi sembra il momento della pulizia! Ehi! Dove mi state portando? Fermi! Rimettetemi dov’ero, al calduccio! Ma, mi stanno poggiando sul morbido… ed è anche caldo…
Ma è la mia mamma! Allora smetto di lamentarmi! Ciao mammina! Da quanto aspettavo questo momento! Per circa mezz’ora resto appoggiata al suo petto, a godermi il calore e il battito del suo cuore, mentre papà, fedele alla sua promessa, legge le favole dal libro che ha comprato. Che bello sentirli tutti e due così vicini! Anche loro sono emozionati, e si lasciano scappare qualche piccola lacrimuccia. Purtroppo non posso stare fuori troppo, e alla fine l’infermiera mi rimette nell’incubatrice. Mamma e papà dicono che mi mette sotto vetro come i più preziosi articoli di gioielleria. Prima di salutarci comunque passo ancora un po’ di tempo tra le mani di papà, che come sempre mi parla tantissimo, raccontandomi di tutto.


Ehi, era un po’ che vi aspettavo! Oggi è sabato 23 febbraio, e non vedevo l’ora che arrivassero mamma e papà per farmi prendere in braccio. Purtroppo sto facendo la pappa, e la siringa che manda il latte direttamente nel mio stomaco tramite il sondino è lenta come la quaresima (appunto), così dobbiamo aspettare che finisca. Intanto papà ne approfitta per leggermi un paio di favole, che mi piacciono tanto. Ecco, è il momento! L’infermiera mi toglie dall’incubatrice e mi poggia sul petto di mam… no, questo non è il petto di mamma! E’ meno morbido e più peloso! Mi guardo intorno per capire dove sono finita, e poi la rassicurante voce di papà, un po’ rotta dall’emozione, mi dice che oggi mi ha preso in braccio lui. Appena lo capisco mi accucciolo sul suo petto. E’ la prima volta che papà mi prende in braccio, e sul suo petto sembro ancora più piccola di quel che sono! E poi… piccola io? Ma non scherziamo! Questa mattina pesavo ben 1 chilo e 90 grammi!



E’ finalmente arrivato marzo, oggi è il primo giorno del mese. Da oggi non mi danno più nutrimento con la flebo, ma solo tramite il sondino. Però è fastidioso! Nei giorni passati ho tentato più volte di toglierlo, ma mi beccavano sempre e me lo toglievano di mano. Ma io sono furba: ieri, con complicatissime contorsioni di lingua, sono riuscita a farlo sgusciare fuori dalla mia bocca, per ben tre volte! Peccato che qua ne sappiano una più del diavolo: questa mattina l’hanno infilato nel naso! Papà dice che se voglio che me lo tolgano devo cominciare a mangiare da sola, così verso sera mi impegno un po’ di più e, davanti a mamma, mi scolo un bel biberon da 15 grammi! Che mangiata, e che fatica! Intanto arriva un’altra sorpresa: nel reparto dove era mamma è arrivata Amanda, la cugina che in teoria avrebbe dovuto partorire insieme alla mamma. Anche lei ha rotto le acque in anticipo, ed è probabile che domani o dopodomani io conosca già il mio nuovo cuginetto, che probabilmente sarà mio vicino di letto!


Come vola il tempo! Oggi è venerdi 7 marzo. Domenica scorsa, giusto un mese dopo di me, è nato Manuel, il mio nuovo cuginetto. Pesava più di 2 chili, e non è stato portato in incubatrice. I medici hanno chiesto a mamma se ha altre parenti incinte, perché ultimamente stanno lavorando solo più per noi! Col passare dei giorni miglioro, e finalmente mi hanno levato del tutto la flebo, ed ho il braccino libero. Ieri ho fatto la pappa in braccio a mamma. Erano le 17,30, mancava ancora mezz’ora al mio pasto, ma avevo fame, così mi sono fatta un po’ sentire fino a che non hanno capito che cosa volevo. Dopo mangiato ho fatto un piccolo danno… un piccolo sforzo e… mi sono riempita il pannolino! Strano: nonostante l’odore non proprio gradevole mamma e papà erano contentissimi! Che strani questi adulti!


E poi è venuta la notte, e di soppiatto sono riuscita a togliermi il sondino anche dal naso, ma questa mattina, invece di rimettermelo i dottori hanno deciso di provare a lasciarmi senza. Aah, che sollievo! Devo solo dimostrare che ce la faccio a mangiare da sola, e devo dire che ci sto mettendo un bell’impegno. Anche oggi una bella poppata in braccio a mamma e poi mi rilasso, e sento tutti ridere per le posizioni in cui mi sistemo. Beh? Io sto comoda così! Comunque papà ne approfitta per fare un fotomontaggio e farmi la mia prima foto al mare!


E’ passata un’altra settimana, e siamo arrivati al 15 di marzo. In questa settimana non sono più stata in braccio a mamma, perché domenica scorsa aveva un po’ di influenza, e i medici avevano paura che potesse attaccarmela. Così ne ha approfittato papà per coccolarmi un po’ lui. In questa settimana intanto Manuel è già tornato a casa, ma qui la compagnia non manca mai: oltre a Sofia, la mia vicina di incubatrice, giovedì sono arrivati due gemellini, e nel reparto ormai pieno le infermiere e i dottori hanno il loro bel daffare. Io faccio del mio meglio per non disturbare: faccio la brava, mangio e cresco. Sono arrivata a 1 chilo e 360 grammi!



Finalmente mamma è guarita, ed ha potuto prendermi di nuovo in braccio. Sentivo già la sua mancanza! Oggi è giovedì 20 marzo, mi mancano 10 grammi per pesare un chilo e mezzo, e per la prima volta mi hanno tirata fuori dall’incubatrice togliendomi tutti i sensori. Sono stata per due ore in braccio a mamma e per un’altra ora in braccio a papà, poi ho cominciato a far sentire la mia voce perché cominciavo ad avere fame. Beh, non si vive di sole coccole!



Auguri a tutti! Oggi è il 23 marzo, peso kg. 1,560 ed è il giorno di Pasqua.
Milva, una delle infermiere, ha appeso sulle incubatrici questi bei pulcini con i nostri nomi. Visto che carino?
Anche oggi, come ieri, mi ha cambiato il pannolino mamma, con l’aiuto di papà che mi ha presa dall’incubatrice e mi ha portata fino al fasciatolo. Beh, tutto sommato se la cavano abbastanza bene!
Oggi mamma e papà mi hanno anche portato l’ovetto che mi ha regalato il mio cuginetto Davide. Mi hanno detto che a casa ce n’è uno ancora più grosso di nonna Rosaria e nonno Filippo!




Notate niente di diverso? Sì, ho addosso la tutina!
Ieri, 27 marzo, mi hanno vestita per la prima volta e nel pomeriggio hanno spento l’incubatrice.
Oggi mi hanno finalmente liberata, e da questa notte dormirò nella culla come i bambini più grandi.
Evviva! Sono stata promossa!
Ormai nel nido siamo tutti fuori dalle incubatrici: io, Sofia (la bimba che mi ha fatto compagnia per più tempo), i gemellini Riccardo e Matteo e l’ultimo arrivato, Riccardo, che, data l’omonimia col precedente bimbo, è stato rinominato Riccardo II.
Presto ci incontreremo al parco, e non più tra queste quattro pareti!



Ciao! Sabato 29 mi hanno portata fuori dalla cameretta della terapia intensiva, ed ora sono insieme a tutti gli altri bambini. Come sono grandi! Io sono la più vecchia, ma rimango ancora la più piccola! Purtroppo Sofia è ancora in terapia intensiva, e non possiamo più fare le “giornate al parco” come prima, perché ora io, mamma e papà stiamo insieme in un’altra saletta. Domenica sera mi hanno visto nonno Filippo e nonno Giuseppe attraverso il vetro: in orario di visita tutti i pargoli vengono messi in esposizione dietro una vetrina, così ci possono guardare ma non toccare. Che simpatici i nonni: prima ancora che aprissero la tapparella erano già lì che curiosavano dalle fessure. Mi hanno messa proprio in posizione d’onore, in prima fila nel centro, e mi sono anche fatta sentire dai nonni!


Oggi è il 4 aprile, e questa mattina, alla pesa giornaliera, ho mandato l’ago della bilancia a kg. 2,070! Ma… sst… fate tutti silenzio… sento la dottoressa che sta chiamando mamma a casa. Ehi! Cos’ho fatto? Se è successa qualunque cosa NON E’ COLPA MIA! Io non c’ero, stavo facendo pipì… ma… non sta parlando male di me! Sta dicendo a mamma che oggi possono venire a prendermi e portarmi a casa! Wow! Casa… quanto me ne hanno parlato mamma e papà! Mi hanno già descritto tutto, compresa la mia cameretta, che non vedo l’ora di vedere. E così papà esce dal lavoro alle 15 e alle 16,30 sono da me. Dopo le ultime raccomandazioni del dottore e un saluto veloce alle infermiere e a Silvia, la mamma di Sofia, attraversiamo i corridoi del Mauriziano facendo il trenino: papà spinge mamma sulla sedia a rotelle, che a sua volta spinge me nella carrozzina. Poi in macchina. La strada verso casa è lunga: mamma e papà si fermano praticamente in ogni farmacia che trovano per prendere alcune medicine per me. Ed eccoci finalmente alla tanto sospirata casa! Il comitato di benvenuto è formato da nonna Rosaria, nonno Filippo, nonno Giuseppe, zia Lisa e zio Mauro, il grande Davide e il piccolo Marco. Che bello! Hanno anche riempito di palloncini colorati il portone del garage!



Beh, con questo direi che l’avventura è finita. Ora comincia quella più bella ed entusiasmante che è



LA VITA!





RINGRAZIAMENTI DAL PAPA’

Queste pagine, cominciate poco dopo la nostra scoperta di essere “incinti”, non era previsto che fossero così avventurose, ma la vita non ci permette di programmare nulla, e non sempre tutto va come dovrebbe andare. Sono state scritte interamente su dettatura di Nadia, perché naturalmente lei non sa ancora scrivere.

Non si possono omettere i ringraziamenti:

Nonna Rosaria e nonno Filippo, che hanno regalato una parte della loro sala per la cameretta di Nadia, e poi si sono anche sobbarcati la presenza dei muratori mentre noi eravamo in ospedale;

i medici e le infermiere del reparto Ostetricia dell’Ospedale Mauriziano, sempre gentili e disponibili;

i medici e le infermiere del Nido, che hanno seguito Nadia dalla nascita fino alle sue dimissioni dall’ospedale;

Angela, l’infermiera che più ci ha saputo tranquillizzare e farci affrontare nel miglior modo possibile i due mesi in ospedale;

tutto il personale ospedaliero sopra indicato, ci ha dimostrato che un buon medico o un buon infermiere non sono formati solo da scuole, università e tanto studio, ma soprattutto da tanto tanto cuore.

Un ultimo ringraziamento a nonna Domenica, la mia mamma, sicuramente diventata l’angelo custode della sua nipotina, che da lassù ha dato una mano a tutte le persone menzionate per svolgere al meglio il loro lavoro.



ZACCARIA Roberto

martedì 12 maggio 2009

L'esperimento

Giovedì 10 agosto

Buongiorno a tutti, mi presento: mi chiamo Henry Benn, e sono uno studente in psicologia. Ho sempre avuto ottimi risultati all’università, ed ora che mi sto avvicinando alla laurea, ho deciso di comporre una tesi che mi assicurerà senz’altro un’uscita con lode. Ho deciso di trattare l’effetto della solitudine totale sull’uomo, e per far questo ho voluto provare di persona.

Betty, la mia fidanzata, possiede una pellicceria, ed ho chiesto a lei l’aiuto necessario all’esperimento. Approfittando della chiusura estiva del negozio abbiamo allestito nel caveau della pellicceria un piccolo monolocale, con un frigorifero con provviste per una settimana (anche se l’esperimento durerà solo cinque giorni), una branda, una sedia e un tavolino, sul quale sto scrivendo in questo momento il mio diario, che aggiornerò di giorno in giorno e che sarà la base per la mia tesi. Ah, dimenticavo, naturalmente abbiamo provveduto anche per un WC da campeggio!

Per essere sicuro che l’esperimento vada in porto senza interruzioni ho chiesto a Betty di andarsene dalla città per cinque giorni, in modo che non possa venirmi a liberare prima della scadenza prevista. Se sapessi in anticipo di poter uscire in qualunque momento le mie emozioni non sarebbero più veritiere, mentre io voglio scoprire cosa si prova veramente essendo abbandonati dal mondo.

Ed eccomi qui, al primo giorno del mio esperimento. Un ultimo bacio, e Betty ha chiuso la porta blindata del caveau, non senza aver provato ancora una volta a dissuadermi dalla mia “pazzia”, come lei l’ha definita. Betty è una ragazza di parola, e sono sicuro che ha seguito alla lettera le mie istruzioni, andando per cinque giorni a far visita alla sua vecchia nonna.

Prime impressioni? Per ora non provo niente di anormale, niente panico, niente angoscia, solo un lieve senso di claustrofobia appena chiusa la porta, ma passato subito. Erano anni che non mi trovavo immerso in un silenzio così totale, e devo ammettere che la cosa non mi dispiace affatto. La vita sregolata, rumorosa, che conduciamo al giorno d’oggi fa spesso venir voglia di solitudine, di tranquillità. Comincio a pensare che la mia, più che una ricerca, sarà una vacanza. Forse avrei dovuto allungare la prova a due o tre settimane!

Penso comunque che per oggi la giornata non presenterà problemi di sorta, soprattutto perché il primo giorno di silenzio si può solo apprezzare.

Per ora terminerò quindi a questo punto il mio diario. In questo momento sono le 14.00. Mi sdraierò un attimo sulla branda per vedere se mi riesce di recuperare il sonno perso questa notte per l’emozione di iniziare questa prova, poi questa sera comincerò a dar fondo alle provviste per la cena. Riprenderò a scrivere domani.


Venerdì 11 agosto

La nottata è stata stupenda. Ho avuto qualche difficoltà ad addormentarmi a causa del troppo silenzio, ma il vecchio sistema di contare le pecore ha funzionato: ho dormito come un ghiro fino alle 11.00, quando mi ha svegliato la suoneria del mio orologio. E’ strano svegliarsi a quell’ora e non vedere il sole, ma qui l’unica luce che ho a disposizione è quella dei neon. Ho unito colazione e pranzo in un unico pasto a mezzogiorno, concedendomi due uova sode e una scatola di tonno. Purtroppo devo accontentarmi di cibi crudi o precotti perché la scarsità di areazione del caveau non avrebbe permesso l’installazione di un fornelletto e solo ora mi è venuto in mente che avrei potuto comprare un forno a microonde. Pazienza: cinque giorni passano presto.

Con tutto questo silenzio mi pare a volte di essere sordo, si avverte quasi una sensazione di pressione alle orecchie, come se fossero state messe in un ambiente sotto vuoto. Ogni tanto intono qualche canzone per provare a me stesso che i miei padiglioni auricolari funzionano ancora. Ho già provato anche l’impulso di parlare a voce alta, ma so già che mi sentirei uno psicolabile, quindi meglio desistere.

A parte ciò mi sento esattamente come ieri, la solitudine non mi disturba, anzi, mi piace sempre più. Devo solo abituarmi al silenzio. Avrei dovuto portarmi una radio! Ma che dico? Con una radio la sensazione di solitudine sarebbe stata attutita, e il mio esperimento non sarebbe stato realistico. Intorno a me deve esserci il vuoto assoluto.

E’ straordinario come in questo silenzio si faccia caso ai suoni più deboli, che sembrano amplificati di dieci volte: il rumore della penna che scorre sul foglio, il sommesso ronzio del neon, il motore del frigorifero e, perché no, il rumore dell’urina che scorre nella tazza della mia toilette da terremotato. In definitiva questi sono gli unici rumori che sento.

E anche per oggi un mattone della mia tesi è stato messo. Sono convinto che riceverò i complimenti anche dal rettore. Altro che ricerche sui libri di testo!


Sabato 12 agosto

Questa mattina sono stato svegliato da frigorifero! Può darsi che ci sia qualcosa di rotto, ma improvvisamente mi sembra più rumoroso. Spero che non mi pianti in asso prima di lunedì. Certamente non morirei senza mangiare per due giorni, ma la cosa sarebbe alquanto disagevole.

La nottata non è passata nel migliore dei modi: ho avuto un incubo, anche se non so se dovuto al senso di disagio causato dalla solitudine o dalla cena di ieri sera. Ho sognato il mio vecchio nonno, morto suicida a 73 anni. Aveva già provato altre volte a togliersi la vita, e l’ho rivisto proprio nel suo ultimo tentativo, quello andato a segno. Eravamo nel ’76, io ero ancora piccolo, e mio nonno mi stava raccontando una delle sue storie. Ad un tratto, quella che era iniziata come un’innocua favola, si trasformava in un racconto dell’orrore che mi atterriva. Io volevo tapparmi le orecchie per non sentire quella storia, ma il nonno mi aveva bloccato le mani e continuava a raccontare inesorabile di come il protagonista della fiaba si gettava sotto un treno e di come le sue interiora venivano sparse tutto attorno alle rotaie. Improvvisamente la camera intorno a noi era sparita, e ci trovavamo proprio in quel tratto di rotaia dove mio nonno aveva perso la vita. In realtà io non avevo mai visto quelle rotaie, ma nel sogno sapevo che lì sarebbe accaduto il fatto. In lontananza si sentiva il fischio del treno, e mio nonno non accennava a togliersi dalle rotaie, trattenendo me per un braccio. Io mi divincolavo, gridando che non volevo fare la sua fine, ma la presa non mollava. Il treno era ormai giunto alla curva oltre la quale il macchinista ci avrebbe scorti, anche se troppo tardi per poter arrestare il convoglio. Il treno arrivava, ed io non potevo fare nulla se non urlare. Poi l’urto; tonnellate di acciaio sferragliavano su di noi, ma io continuavo a vedere: vedevo le ruote che correvano sulle rotaie, sprizzando scintille, i nostri corpi che venivano smembrati, come se la mia testa mozzata dal capo e schiacciata sotto una ruota possedesse una vita sua e si rifiutasse di lasciarla andare. Vedevo un occhio di mio nonno, schizzato dall’orbita, che riusciva a mantenere il suo sguardo folle anche senza l’ausilio dei muscoli facciali che caratterizzano le espressioni. Continuavo a vedere pezzi del mio corpo che schizzavano via come comete seguite da una coda insanguinata. Vedevo tutto questo e tuttavia non riuscivo a svegliarmi, come di norma avveniva con gli incubi.

Per mia fortuna, come già ho detto, il frigorifero mi ha destato, facendomi passare da un lago di sangue onirico ad un lago di sudore ben più reale. Ho paura che fino a martedì mattina, quando Betty mi aprirà la porta, dovrò sopportare l’odore delle lenzuola sudate.

Ancora non so cosa abbia causato il sogno, comunque ho preferito scriverlo per poterlo ricordare nei suoi dettagli ed analizzarlo con calma fuori di qui.


Domenica 14 agosto

Rieccomi qui, più vispo che mai. Ieri sera ho fatto fuori tutta la provvista di birra che avevo nel frigorifero, perché il ricordo del sogno della notte precedente non mi lasciava addormentare. La medicina ha avuto l'effetto sperato, e con quella sbronza non ho avuto problemi per tutta la notte. Non posso dire lo stesso di questa mattina, quando al mio risveglio mi sembrava di aver dormito con la testa in una morsa. D’altronde, ogni medicina ha i suoi effetti collaterali!

Ora il mal di testa mi è passato, anche se in ciò non sono certamente stato aiutato dal frigorifero, al quale si è aggiunto anche il rumore dei neon. Che stiano per bruciarsi? Questo mi costringerebbe ad interrompere il diario e ad aspettare buono buono che Betty mi venga a liberare. Speriamo di no!

Oggi ho rinunciato al “silenzio stampa”, e mi sono messo a chiacchierare con me stesso. Mi ha dato una sensazione di sollievo poter discorrere un po’ con qualcuno, soprattutto visto che quel qualcuno aveva le mie stesse opinioni!

Ad essere sinceri comincio a sentirmi un po’ troppo isolato. Non avere nessuno vicino può essere rilassante all’inizio, ma poi diventa snervante.

Non vedo l’ora di uscire di qua.


Lunedì 15 agosto

Finalmente sono giunto all’ultimo giorno. Domani mattina, alle 9 esatte rivedrò la luce del sole e la mia cara Betty.

Stamattina, mentre risistemavo la branda disfatta nella notte ho fatto altre quattro chiacchiere con me stesso. Per vivacizzare un po’ la situazione ho immaginato che l’altro fosse un’altra persona, a cui ho dato il nome Bob. Ho cercato anche di dare a Bob una mentalità diversa dalla mia, perché una conversazione in cui la controparte ti da sempre ragione risulta piuttosto noiosa. Devo dire che la discussione è stata animata, anche se non al punto da arrivare alle mani. Ma ve lo immaginate se Betty, aprendo la porta, mi trovasse con un occhio nero?

Oggi comunque è stata giornata di festa per l’imminente liberazione, e a pranzo ho aperto l’ultima lattina di birra che era sfuggita alla mia razzia dell’altra sera e l’ho divisa equamente con Bob. Tranquilli, sto scherzando: Bob esiste soltanto grazie alla mia fantasia, e morirà non appena avrò messo piede fuori di qui.

Nel frigorifero mi resta solo più una scatola di carne e una fetta di torta per stasera e un po’ di latte e biscotti per la colazione di domattina, per non dimenticare una bottiglia ci champagne per brindare domani con Betty.

Sarà lunga fino a domani, con l’ansia che mi divora per la voglia di uscire. Ma perché non ho portato almeno le parole incrociate per passare il tempo?


Martedì 16 agosto

Questa mattina mi sono svegliato dopo le dieci, e Betty non era ancora arrivata. Probabilmente avrà avuto guai con la macchina… Sono mesi che insisto perché la faccia controllare: quei rumori sotto il cofano non avevano niente a che vedere con il normale rumore di un motore.

Probabilmente ha fuso appena partita dalla cara nonnina ed ora sta controllando gli orari dei treni. Mi ricordo però che l’unica volta che l’avevo accompagnata in treno da sua nonna avevamo dovuto aspettare le sei di sera per poter partire. Ciò vuol dire che fino alle 19.30, calcolando anche una buona mezz’ora in taxi dalla stazione al negozio, dovrò restare ancora da solo.

Pazienza, peccato solo che oggi ho già dato fondo alle provviste. Per oggi sarò costretto ad una dieta forzata.


Giovedì 17 agosto (?)

Non sono sicuro della data perché martedì ho rotto l’orologio, e senza la luce del sole non è facile rendersi conto del trascorrere del tempo.

Come potrete ben immaginare Betty non è arrivata. Temo il peggio. Non vorrei che fosse stata vittima di un incidente. Se ciò fosse, vorrebbe dire che è molto grave, se non morta (Dio me ne scampi), perché altrimenti avrebbe trovato almeno il modo di mandare qualcuno a liberarmi.

Martedì ho atteso fino alle dieci di sera, poi non vedendo arrivare nessuno ho avuto una crisi di panico, ed ho cominciato ad urlare e a prendere a calci e pugni la porta. E’ stato così che ho rotto l’orologio. Il mio sfogo è durato una decina di minuti, durante i quali ho avuto modo di slogarmi un polso e forse fratturarmi un alluce. Dopo ho pianto e sono finalmente riuscito a calmarmi.

Ieri (anche se non sono sicuro che oggi sia giovedì e non ancora mercoledì) ho cercato una possibile via di fuga. Niente da fare: il caveau è stato fatto per non far entrare nessuno, e posso assicurare che anche uscirne è un’impresa ardua.

Siccome altre possibilità non ne avevo, altro non mi rimaneva che non cercare di ingannare il tempo riprendendo il diario.

Intanto ho posticipato la morte di Bob per poter continuare ad avere una compagnia. Oggi abbiamo parlato della mia (nostra) situazione. Lui ha detto senza troppi complimenti che questo luogo sarà la mia tomba. Io non voglio crederci: prima o poi qualcuno si accorgerà della mia assenza.


Venerdì 19 agosto

Questa mattina, al mio risveglio, ho sentito le prime avvisaglie della fame. Il frigorifero è vuoto: il cibo che avrebbe dovuto durare una settimana è finito nei cinque giorni, ed ora non ho più nulla da mangiare. Per fortuna ho ancora scorte abbondanti d’acqua.

Per tutto il giorno non ho fatto altro che misurare a grandi passi la mia prigione, cantando o parlando con Bob per rompere la monotonia del silenzio.

Se avessi con me un accendino proverei a far scattare il sistema d’allarme antincendio, che comunque con buone probabilità è stato disattivato visto che il caveau è stato svuotato dalle pellicce per i lavori di restauro del negozio di fine estate, prima della riapertura.

Ho staccato la spina del frigorifero: il rumore era diventato veramente fastidioso e urtava i miei nervi peraltro già scossi. Peccato non poter fare qualcosa anche per il ronzio dei neon.


Domenica 21 agosto

Spero che la data sia giusta.

Ieri non ho scritto nulla. Ho impegnato parecchio tempo della giornata a discutere con Bob. Sì, proprio lui. Da ieri mattina ha cominciato a parlarmi anche quando non lo evocavo io con la mia fantasia. Sono riuscito a creare così bene una sua personalità che le sue idee sono ora in netto contrasto con le mie.

Ieri sosteneva che Betty mi aveva abbandonato di proposito, perché non voleva più saperne di me e voleva intascare i soldi della mia assicurazione sulla vita, quando sappiamo benissimo tutti e due che fino a che non saremo marito e moglie lei non incasserà proprio un bel niente. Secondo Bob Betty avrebbe un amante, e sarebbe stata lei a convincermi a tentare questo insulso esperimento, circuendomi come solo le donne sanno fare. Io non voglio assolutamente credere ad una cosa del genere, però, a pensarci bene, non mi pare che abbia posto una resistenza troppo eccessiva al mio progetto. Ma che sto dicendo? Betty non farebbe mai una cosa simile! Comunque dopo la discussione Bob non si è più fatto sentire. Forse si è offeso.


Lunedì 22 agosto

Stamattina ho fatto la pace con Bob. Vederlo lì in un angolo, come un cane bastonato, mi dava una gran pena. Oltretutto è il mio unico compagno in questa prigione.

Ho detto vederlo? Beh, volevo dire immaginarlo.

Nel pomeriggio abbiamo giocato all’impiccato, ma Bob indovinava sempre le parole a cui io pensavo, così mi sono stufato ed ho troncato la partita. Avevo pensato di creare delle carte da gioco con i fogli del diario, ma sarebbe un lavoraccio e sarebbero comunque troppo riconoscibili dal retro.

L’ideona è venuta a Bob: abbiamo disegnato una scacchiera su di un foglio e i pezzi degli scacchi su pezzi di carta strappati dal diario. Non fanno certo la figura di una scacchiera d’avorio, ma si possono usare. Sembra che Bob non sia tanto ferrato su questo gioco: ho vinto sei partite su sette!

Questa sera ho pensato ancora a Betty. Possibile che sia stata così meschina? A quest’ora, probabilmente sarà a godersi il sole con qualche bellimbusto alle Hawaii, aspettando il momento in cui il telegiornale annuncerà il ritrovamento di due cadaveri nel caveau del suo negozio.

Pensate alla faccia del papà di Betty quando troverà me e Bob stesi sul pavimento quando verrà ad iniziare i lavori di restauro. Non è neanche detto che ne trovi due; potremmo fare come quei calciatori precipitati sulle Ande, e il primo di noi che soccomberà verrà mangiato dall’altro. Spero di non arrivare mai a questo, ma la fame sta diventando violenta. No, ma cosa sto dicendo? Io non mangerò mai la carne di un amico! Piuttosto la morte!


Mercoledì 23 agosto

Non posso crederci! Quel bastardo di Bob è riuscito a fuggire! Non riesco nemmeno a capire come, probabilmente aveva un amico fuori che lo ha liberato, ed ha voluto lasciarmi chiuso dentro per vendicarsi dell’alterco che abbiamo avuto domenica.

Ieri mattina mi sono alzato e non l’ho più trovato. Se n’è andato così, nella notte, senza un rumore, abbandonandomi come un cane. Ed io che lo credevo un amico! Per tutto questo tempo non ha fatto altro che prendermi in giro, aspettando il momento propizio per vendicarsi! Ma un giorno uscirò di qua, e lo troverò per fargliela pagare, dovessi cercarlo in capo al mondo.


Giovedì 25 agosto

Questa notte Bob è venuto a farsi beffe di me, parlandomi attraverso la porta. Mi ha detto di essere lui l’amante di Betty, e che tutto era stato preparato già da tempo, per togliermi di mezzo. La cosa più raccapricciante è stato sentire la risata di Betty assieme alla sua voce. Avrei dovuto capire subito che quella ragazza era completamente pazza! E il suo amico non è da meno. Penso che prima di fuggire da qui abbia letto il mio diario, perché le sue ultime parole, prima di abbandonarmi di nuovo, riguardavano proprio la pagina scritta lunedì: mi ha detto che gli dispiaceva non poter essere la mia cena, ma che volendo avrei potuto utilizzare tante parti di me di cui avrei potuto fare a meno.

Sono in una situazione disperata. Sono rinchiuso qui dentro da giorni senza cibo, e le uniche persone che lo sanno sono completamente pazze.

Non resisto più: oltre la fame sempre crescente sto cominciando a sentire una sensazione di claustrofobia. Mi sembra che mi manchi l’aria, e forse la mia non è solo una sensazione: i due meschini potrebbero aver otturato i fori di areazione. Sanno che ho ancora acqua e che la fame da sola non provoca una morte abbastanza veloce, così hanno pensato bene di accelerare i tempi.


Sabato 27 agosto

Questa mattina sono stato svegliato da atroci crampi allo stomaco. Non pensavo che il dolore potesse raggiungere una soglia così elevata. Ho provato a bere un litro intero d’acqua, per illudere il mio corpo di essere sazio, ma ho vomitato subito dopo, aumentando il dolore.

Ieri il ronzio dei neon era diventato insopportabile, così sono salito sul tavolo e ne ho rotti quattro, tenendo solo quello al centro della stanza per non rimanere completamente al buio, poi sono stato preda di una crisi isterica e non ricordo più nulla fino a questa mattina. Per essere sincero non so assolutamente se la data scritta sia veramente quella di oggi: ho perso totalmente la nozione del tempo. Conto i giorni ogni volta che mi sveglio, supponendo che il mio corpo sia ancora abituato ai ritmi di veglia e sonno che avevo prima. Può anche darsi però che io abbia dei momenti di incoscienza. Insomma, la data sul diario la scrivo più per abitudine che per avere un reale riscontro del trascorrere del tempo.

Oggi ho finalmente mangiato. No, non ho cominciato a farmi a pezzi, ma ho messo in atto le cose imparate dagli innumerevoli romanzi d’avventura letti da bambino, quelli in cui il naufrago, non avendo altra alternativa, mangia il cuoio delle proprie scarpe. Non ho mai assaggiato niente di più schifoso: è stato come mangiare plastica, ma lo stomaco le ha rette. Penso che nella mia situazione avrebbe retto qualunque cosa. Dopo questo pasto non mi è rimasto comunque niente, se si esclude la custodia in pelle dei miei occhiali.

Non ho più avuto notizie di Betty e di Bob. Forse hanno deciso di lasciarmi morire in pace e se ne sono andati lontano, per poi tornare quando il mio corpo verrà ritrovato e fare un po’ di scena.

Sono stati però molto stupidi: non hanno pensato che assieme a me verrà ritrovato anche il diario. Voglio che tutti lo sappiano: i miei assassini sono loro! Quanto darei per vederli arrostire sulla sedia elettrica!


Domenica 28 agosto

Questa mattina ho partecipato alla Messa. Non essendoci preti, naturalmente ho dovuto celebrarla io, utilizzando lo champagne (quello pronto per essere aperto alla mia liberazione) al posto del vino e la pelle della custodia degli occhiali al posto dell'Ostia. E' stata una funzione memorabile, peccato solo che mancasse il coro.

Ho disegnato con la penna un maniglione antipanico sul frigorifero, così ora sembra un’uscita di sicurezza e non ho più l’impressione di essere bloccato qui. Ho sempre detto io che il bisogno aguzza l’ingegno.

Devo ancora studiare una soluzione per il WC: ormai è pieno e ho dovuto cominciare a fare i miei bisogni per terra, nell’angolo. Forse potrei utilizzare le bottiglie d’acqua vuote, ma dovrei anche trovare il modo di tapparle per non far uscire l’odore. Forse domani andrò a comprare i tappi. Oggi proprio non me la sento di uscire, mi sento uno straccio.


Lunedì 29 agosto

Mi sono ricordato proprio stamattina che in città tutti i negozi sono chiusi per ferie, quindi è inutile uscire per comprare i tappi per le bottiglie.

Ho scoperto solo oggi che l’uscita di sicurezza che c’è nell’angolo è bloccata: la porta si apre, ma dietro non c’è l’apertura! Hanno fatto un’uscita di sicurezza murata! Alla faccia delle leggi antinfortunistiche!

L’unico neon rimasto ha cominciato a fare più rumore di tutti gli altri messi insieme, ma non posso spegnerlo, perché chi aprirà la porta potrebbe pensare che non ci sia nessuno in casa e andarsene. Ma io sono furbo: tutti sanno che se in casa c’è la luce accesa significa che c’è qualcuno! Per questo i miei genitori volevano mettere i timer collegati all’impianto della casa per tenere lontani i ladri. Così i ladri pensavano che non fossimo andati in vacanza e non entravano in casa.


Martedì 30 agosto

Sono ancora qui, tutto dolorante. Appena alzato ho provato a sfondare la porta a pugni e calci. L’alluce che credevo di essermi rotto la settimana scorsa ora è rotto sicuramente, così come il polso sinistro. Eppure nei film riescono sempre a buttare giù le porte, a meno che naturalmente non si prendano ad esempio i film comici, dove gli eroi sono talmente sfigati che quando danno una spallata alla porta o si rompono un braccio oppure questa si apre sulla parete a strapiombo di un grattacielo, che non si capisce cosa ci stia a fare una porta su un muro esterno senza scale.

In questo momento sto scrivendo seduto per terra con il diario sulle gambe perché il tavolino è traballante e non riesco a seguire la riga se il foglio continua a muoversi avanti e indietro. Anche da piccolo ho sempre avuto difficoltà a scrivere: la maestra diceva sempre a mia madre che per farmi seguire le righe avrebbero dovuto inventare apposta per me un quaderno con le righe ondulate e la mia maestra sapeva bene quello che diceva e io non ero certo l’alunno più bravo della classe ma ora sto studiando psicologia e con questa tesi passerò l’esame alla grande e la mia maestra sarà fiera di me.

Ora sono stanco e forse è sera e mi rimetto a dormire.


Martedì 31 agosto

Non ce la faccio più la solitudine mi sta distruggendo. La stanza è sempre più piccola e l’acqua sta finendo ma tanto penso che morirò prima.

Il nonno aveva cercato di portarmi con se nel sogno e sarebbe stato meglio se fossi andato con lui perché il nonno sapeva quello che stava facendo sapeva che nella vita devi sempre guardarti alle spalle che quelli che più ami possono pugnalarti alla schiena il nonno era in gamba.

Ho sentito grattare alla porta questa mattina ma forse era il gatto e gli ho detto di andarsene perché non ho più latte da dargli. Lui se n’è andato perché i gatti sono tutti egoisti e quando non hai più niente da offrire loro se ne vanno e non tornano più da te perché i gatti sono egoisti e quando uscirò di qua non vorrò vederne mai più perché sono egoisti.


Domenica 32 agosto

Oggi niente Messa perché è finito lo champagne e senza vino non si può benedire. Questa notte è venuto a trovarmi lo spirito di mio nonno che mi ha detto che entro poco verranno a cercarmi perché ho scordato di pagare la bolletta del telefono e quindi verranno a cercarmi per chiedermi i soldi ma io qui non ho il portafoglio e forse mi pignoreranno i mobili perché sono senza soldi per pagare la bolletta ma mio nonno dice che c’è ancora tempo e forse riesco a racimolare qualcosa.

Siccome oggi è giorno di festa ho deciso di digiunare per pregare e purificare la mia anima perché se proprio devo morire non voglio andare all’Inferno perché il troppo caldo mi fa male. Forse non arriverò al Paradiso ma spero almeno nel Purgatorio (se mi sentisse il mio insegnante di lettere sarebbe contento di me che conosco così bene la Divina Commedia).

Darei qualunque cosa per vedere la luce del sole almeno per dieci minuti. Sarà vero che chi non ha visto il sole per troppo tempo quando lo rivede ne viene incantato e si brucia gli occhi fissandolo troppo a lungo?

E’ tardi, saranno almeno le 22.65, quindi è ora di dormire. I bambini non devono stare alzati fino a tardi, altrimenti quando arriva Babbo Natale si trasforma nell’Uomo Nero e li mangia perché Babbo Natale non vuole che i bimbi lo vedano. Non vedo l’ora di sapere cosa mi lascerà sotto l’albero (l’ho disegnato su un foglio perché uno vero non ce l’avevo).


Domenica 25 dicembre

Babbo Natale non mi ha lasciato nulla forse sono stato cattivo ma io non ho cercato comunque di vederlo per non farlo trasformare in Uomo Nero ma siccome non mi ha lasciato il regalo l’anno prossimo lo aspetterò con una trappola e lo ricatterò perché io sono stato buono e non mi ha portato il regalo.

Buon Natale.


Giovedì 42 dicembre

E’ passato un mese da ieri o forse un anno. Nessuno apre ancora la porta e io da dentro non riesco pesa troppo. Ieri ho cantato “Tanti Auguri a me” perché era il mio compleanno ma la porta è rimasta chiusa dentro non ha neanche la serratura per poterla aprire con la forcina per capelli come nei film tanto io non avevo la forcina quando esco ne compro una.


Lunedì 78 dicembre

Oggi c’è il sole è una bella giornata e gli uccellini cinguettano ma io questo non lo posso vedere perché sono chiuso qui dentro e non c’è un cacchio di finestra e devo solo immaginare quello che succede fuori e magari invece c’è la neve che buffo.

Qui posso solo dormire bere e pisciare perché non posso fare altro il neon è troppo rumoroso e fa venire mal di testa quindi questa sarà l’ultima pagina che scrivo perché il neon fa venire mal di testa e lo romperò anche quello rimasto poi dormirò giorno e notte che tanto sono uguali e mi sveglierò quando una principessa aprirà la porta e mi bacerà e poi andrò di corsa all’università e avrò i complimenti dei miei insegnanti e di tutti per il mio esperimento che meglio di così non poteva funzionare

ora so veramente cos’è la solitudine

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Queste pagine vennero trovate il 10 settembre ’95 in un caveau della pellicceria di Betty Enderson, morta il 16 agosto in un incidente stradale mentre tornava verso casa dopo essersi recata in visita alla nonna. Accanto al diario vi era il corpo di Henry Benn, studente universitario all’ultimo anno di psicologia. L’uomo era mutilato della mano sinistra, apparentemente staccata a morsi. La mano non è stata ritrovata.





Orbassano, 26 maggio 1996